di Stefano Candidoni
Sono sempre stato affascinato da European Aquatic Association che, sin dalla sua nascita diversi anni fa, rappresentava una realtà che si votava all’acqua, soprattutto ad un utilizzo verticale della stessa, rompendo schemi fino ad allora indirizzati al classico, alle discipline natatorie tradizionali con obiettivo l’agonismo.
Il desiderio di andare sempre oltre il presente, considerandolo già come il passato, è una caratteristica di pochi. Vedere oltre significa tante cose, non necessariamente legate al proprio specifico mondo di competenza. Significa, tra l’altro, andare alla ricerca di sinergie, di legami, di collegamenti con mondi apparentemente diversi, svestendosi i panni dell’egoismo tipico di chi pensa di essere “tutto”, indossando piuttosto quelli del confronto, della terza soluzione tra due pensieri contrapposti.
Sono fermamente convinto che il legame tra acqua e terra, tra l’attività fisica in acqua e quella terrestre, sia il massimo a cui si possa tendere.
Tralasciando l’aspetto qualitativo del movimento effettuato, dando per scontato cioè che entrambe le situazioni siano gestite al meglio, praticamente non esiste alcun contesto nel quale non ci sia un giovamento nel fare entrambe le cose, che sia del mondo agonistico, amatoriale, didattico, terapeutico/riabilitativo, di wellness in genere.
Le possibilità quindi sono infinite, nessun obiettivo è precluso per potenziare questa sinergia.
Sono nati e continuano ad evolvere attrezzi per l’attività in acqua, cogliendo lo spunto e l’esperienza di quanto si fa da sempre a livello terrestre; l’acqua da sola sappiamo essere un attrezzo fondamentale, il più importante, ma in molte occasioni effettuare gli esercizi con attrezzi adeguati consente di facilitare/ complicare il movimento rendendolo unico e irripetibile come solo nell’ambiente acquatico è possibile.
Si perfezionano metodologie di allenamento che si compensano, piuttosto che semplici protocolli di attività senza pretese di risultati ma “solo” per il gusto della ricerca del sentirsi bene.
Si costruiscono ex novo, come si ristrutturano, sempre più impianti sportivi dove è possibile svolgere entrambe le attività, grande valore aggiunto di servizio. Si cerca di far comprendere alle persone quanto sia importante alternare, farsi guidare nella doppia strada dell’attività fisica.
Per ultimo, non per ultimo, ciò che a livello terrestre è ormai consuetudine, mi riferisco al monitoraggio cardiaco dell’attività, parametro sempre prioritario per valutare quanto viene svolto, a breve sarà possibile anche in acqua, in particolare per l’attività in verticale, con dati attendibili e registrabili a distanza dal trainer, colmando una grande lacuna e rappresentando un deciso apripista al futuro in questo settore.